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Thursday, September 29, 2005

Nanotubi in carbonio: inizia una nuova era nell'elettronica... L'Italia?

I nanotubi in carbonio stanno oramai inondando tutti gli organi di informazione scientifica grazie alle loro straordinarie caratteristiche.

Oramai simboli delle nuove nanotecnologie molto se ne parla... ma a che punto sono le ricerche e sopratutto le applicazioni.

I nanotubi in carbonio nell’ambito della corrispondente nanoelettronica possono esse utilizzati per la costruzione di nanotransistor.

L’ Ibm ha già creato un transistor da un nanotubo, aprendo di fatto la strada all’era del carbonio che probabilmente soppianterà il silicio oramai al limite delle proprie potenzialità.

La Nantero (azienda californiana) stà lavorando alacremente per la realizzazione di sistemi di archiviazione di dati ultradensi utilizzando gli stessi nanotubi utilizzando un approccio diverso ma di fatto riuscendo a sfruttare le qualità elettriche-morfologiche dei nanotubi in carbonio per riprodurre gli stati 0 e 1 digitali sotto l’impulso di un segnale elettrico. Si passerebbe da trilioni di bit per cm2 1000 volte di più degli attuali DVD.

Le applicazioni dei nanotubi però vanno aldilà dei transistor e microchip. I laboratori coreani della Samsung sono arrivati a relizzare il primo prototipo di schermo ultrapiatto con le stesse caratteristiche degli schermi a tubo catodico. I anotubi fungono da sorgenti emittitori di elettroni che impressionano uno schermo al fosforo. Vi lascio immaginare la portata di questa tecnologia.

Motorola e tutte le grandi dell’elettronica in una verso o nell’altro si stanno gettando nella mischia con rigore, determinazione e competenza.

In Italia esistono realtà come Pirelli Labs, Agilent ed ST Microelectronics della grande industria accanto ad alcuni centri di ricerca tra i quali il Distretto del Veneto per le nanotecnologie, il Distretto Hi-Mech dell’Emilia Romagna, l’Istituto Italiano di Tecnologia (Liguria), il Laboratorio Nazionale di Nano Tecnologie – LNN (Puglia), il NEST – (Toscana), il Laboratorio TASC – INFM (Friuli Venezia Giulia), il Politecnico di Torino e l’Università di Roma Tor Vergata.
Anche gli enti pubblici di ricerca [ Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Istituto nazionale di Fisica della Materia(INFM), confluito recentemente nel CNR, Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali(INSTM), Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Ente Nazionale per Ambiente e Energia(ENEA)], hanno investito risorse in tal senso.

Si parla anche di un numero di 290 brevetti per l’intero panorama italiano delle nanotecnologie.

Per quel che si può constatare però, non sembra vi siano ancora reali prospettive di
industrializzazione e tantomeno di commercializzazione.

La mia visione è sicuramente limitata, così come non vorrei assurgere al solito ruolo di guastafeste o avvocato del diavolo ma... non sarà che alla domanda che chiudeva il titolo di questa breve dissertazione ... L’Italia? Non si debba rispondere con il solito: non pervenuta; (sarà anche questa volta colpa dei cinesi.)

Max S.T

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